In un paese, l’Italia, dove si aggirano a piede libero mafiosi e camorristi, dove le metropolitane sono infestate da scippatori di ogni nazionalità, dove i servizi primari non funzionano, dove gli spacciatori attentano col loro veleno alla vita dei nostri giovani, dove si lasciano in circolazione personaggi come quel Papantuono che ha ucciso il carabiniere a sangue freddo, a Imperia si arrestata in carcere la preside di una scuola, Rita Zappulla perché ha utilizzato l’auto, una Toyota Corolla del valore di qualche migliaio di euro, che sarebbe dovuta servire a tutta la scuola e non solo a lei. Così i carabinieri con sofisticati congegni di spionaggio installati nella vettura l’hanno bloccata e portata nel carcere di Pontedecimo a Imperia. Era proprio necessario? Abbiamo letto e sentito nei giorni scorsi cosa stia succedendo in Italia a proposito della gestione dei beni pubblici e delle inchieste da milioni e milioni di euro in talune regioni Puglia compresa, e cosa si fa? Si arresta una prof e si lasciano a piede libero personaggi che sì quelli dovrebbero stare in galera. Le misure cautelari vengono gestite in maniera vergognosa dall’abbraccio mortale pm e Gip che davvero troppo in fretta e male, utilizzano la leva coercitiva applicando in maniera superficiale uno strumento che dovrebbe essere l’ultima ratio. Gli arresti dovrebbero essere l’ultima spiaggia e invece oggi sono diventati la norma. Una giustizia giacobina e partigiana che è forte coi deboli e debole coi forti. Il caso della preside è solo l’esempio più eclatante di un paese allo stremo lasciato nelle mani della magistratura che non dovrebbe sostituirsi alla politica e invece da troppo tempo lo sta facendo. Ventisette anni dopo tangentopoli siamo ancora qui a parlarne come se nulla fosse cambiato da allora. Ci si chiede il voto alle prossime elezioni, e magari ce lo chiedono quei politici di ultima generazione quando i loro nominati, presidenti e assessori, ogni giorno usano le auto blu con o senza autista per fare anche i loro comodi. Dov’è mai il buonsenso, dove il confine tra severità e accanimento. I processi che durano decine di anni sono ormai un fatto normale e il clima da stadio che fa da contorno alle misure coercitive spesso del tutto sbagliate, sono la prova che la Giustizia nel nostro paese non c’è.